La costa degli scheletri o Skeleton Coast si trova nella parte nord occidentale dello stato africano della Namibia. Per molta gente la costa degli scheletri è sinonimo di naufragi ed in ogni cartolina che rappresenta questo posto vi è sempre raffigurato un relitto arrugginito arenatosi sulla spiaggia.
A causa della forte corrente di Benguela, dal mare sempre piuttosto agitato e dalle nebbie che spesso scendono in questa zona, in tempi passati numerosissime navi hanno terminato il proprio viaggio naufragando lungo queste coste sabbiose.
I portoghesi usavano chiamare questa area “le spiagge dell’inferno”, poiché prima dei moderni trasporti e comunicazioni questa desolata costa lunga oltre 1600 chilometri rappresentava un reale problema per la navigazione. I marinai sapevano che se fossero sopravvissuti ad un naufragio in questa zona, i loro problemi sarebbero stati appena all’inizio poiché il peggio sarebbe stato ancora di là da venire. La terra dietro di loro era un immenso e secco deserto e vi erano solo poche oasi o pozze dove era possibile abbeverarsi; tuttavia queste zone erano la casa di numerose feroci specie animali come: leoni, leopardi, branchi di elefanti, che a turno rappresentavano un pericolo per la vita dei sopravvissuti. Un altro fattore a scapito dei naufraghi era la remotezza del luogo, infatti prima del 1893, quando la prima persona si insediò nella città di Swakopmund, non vi era alcun insediamento umano degno di nota lungo 1000 chilometri di costa.
A causa della forte corrente di Benguela, dal mare sempre piuttosto agitato e dalle nebbie che spesso scendono in questa zona, in tempi passati numerosissime navi hanno terminato il proprio viaggio naufragando lungo queste coste sabbiose.
I portoghesi usavano chiamare questa area “le spiagge dell’inferno”, poiché prima dei moderni trasporti e comunicazioni questa desolata costa lunga oltre 1600 chilometri rappresentava un reale problema per la navigazione. I marinai sapevano che se fossero sopravvissuti ad un naufragio in questa zona, i loro problemi sarebbero stati appena all’inizio poiché il peggio sarebbe stato ancora di là da venire. La terra dietro di loro era un immenso e secco deserto e vi erano solo poche oasi o pozze dove era possibile abbeverarsi; tuttavia queste zone erano la casa di numerose feroci specie animali come: leoni, leopardi, branchi di elefanti, che a turno rappresentavano un pericolo per la vita dei sopravvissuti. Un altro fattore a scapito dei naufraghi era la remotezza del luogo, infatti prima del 1893, quando la prima persona si insediò nella città di Swakopmund, non vi era alcun insediamento umano degno di nota lungo 1000 chilometri di costa.
La corrente di Benguela
La fredda corrente di Benguela, che scorre da sud a nord lambendo tutta la costa namibiana, porta una gran quantità di plankton che innesca un gigantesca catena alimentare. Infatti le acque atlantiche antistanti queste coste ospitano una gran varietà e una gran quantità di pesci difficilmente pescabili in altri stati africani. Vicino alla costa si possono trovare: razze, boccadoro, dentici steenbras, pesci gatto di mare, hound shark, cow shark, carcarini bronzei (bronze shark), black spotted gully shark, sandbar shark e molte altre specie minori.
Gli squali più grossi e rappresentativi, nonché i più ricercati ed insidiati sono il carcarino bronzeo che può agevolmente superare i due metri e mezzo ed arrivare oltre i 160 chilogrammi e il cow shark il cui record attuale è di 85 chilogrammi.
Il bello è tutti gli squali sono pescati esclusivamente dalla riva con la tecnica del surf casting e ce ne sono talmente tanti, che non è neanche necessario attirarli con il brumeggio.
Combattere, da riva, grossi pesci al di sopra del mezzo quintale è sicuramente una esperienza entusiasmante ed avvincente. Qui in Namibia, durante la stagione propizia, è del tutto comune allamare esemplari dai 20 ai 70 chilogrammi e pesci oltre il quintale sono catturati tutti gli anni.
La tecnica di pesca è molto semplice: si utilizzano potenti canne da surf casting abbinate con altrettanto robusti mulinelli a tamburo rotante caricati con nylon dello 0,50-0,80. Il terminale è confezionato con una treccia di acciaio da 90 libbre collegata ad ami che vanno dal 3/0 al 8/0, in relazione alla grandezza dell’esca e della preda che si vuole insidiare.
L’esca più utilizzata è il muggine o lo sgombro, o meglio la testa di questi pesci; infatti qui la preferenza di tutte le guide è quella di innescare solo la parte anteriore del pesce scartandone il resto del corpo.
Per alcuni squali l’abboccata può essere molto decisa, con la canna che si piega repentinamente ed il mulinello che inizia a fischiare; invece per altri, come l’hound shark, le abboccate sono molto dolci, percepibili solo da deboli colpetti che trasmette al cimino della canna.
Freddo, vento e tanti pesci
Personalmente ho avuto modo di visitare la Namibia in luglio, quindi in pieno inverno, e nonostante le rigide temperature ed un tempo sempre ventoso e nuvoloso, i risultati sono stati veramente incoraggianti.
Il primo pomeriggio lo abbiamo passato facendo surf casting dalla spiaggia e in tre ore e mezza di pesca effettiva, abbiamo allamato otto squali: uno si è slamato, un altro dopo una breve ma potente lotta ha rotto il filo, e 6 li abbiamo catturati.
Gli squali erano solo di due specie, il black spotted gully shark e l’hound shark; il peso delle nostre prede oscillava dai 13 ai 28 chilogrammi e tutti gli esemplari dopo le foto di rito sono stati rilasciati. Una volta giunti sotto riva la nostra guida Ottmar, senza l’uso del raffio, correva in mare e senza nessuna paura afferrava per la coda lo squalo trascinandolo sul bagnasciuga. A sua detta nonostante queste acque siano letteralmente infestate da squali, non vi è mai stato un solo attacco di questi pesci contro un bagnante. Sarà, ma io non ho bagnato nemmeno una mano in quelle acque; fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio....
Questi squali si sono rivelati avversari veramente degni di nota e hanno caratterizzato il combattimento con lunghe fughe verso il mare aperto.
Abbiamo voluto tentare lo stesso per i grossi carcarini bronzei in uno spot sempre frequentato da questi pesci, ma purtroppo senza fortuna. Ottmar ci ha garantito che in alta stagione, la cattura di numerosi grossi squali è all’ordine del giorno. In giornate produttive si riesce anche ad allamare una decina di questi carcarini; mediamente ogni cinque di questi squali uno è sopra gli 80 chilogrammi. Addirittura alcuni anni fa un gruppo di quattro pescatori italiani è riuscito a totalizzare ben 26 carcarini bronzei in una sola giornata di pesca.
Un’altra mattinata abbiamo deciso di fare del bolentino, e a bordo della funzionale ski-boat di Ottmar ci siamo recati in una zona ricca di piccole secche distante non più di una decina di minuti dal porticciolo. Dopo aver cambiato tre volte di posto, in quanto non molto produttiva a detta di Ottmar, abbiamo trovato il punto esatto che stava cercando. Qui non si aveva neanche il tempo di mettere in tensione il filo che i pesci gatto e i boccadoro erano già allamati; un ritmo di pesca veramente incredibile. I pesci erano tutti intorno ai 2/3 chilogrammi, ma combattuti con attrezzature leggere davano veramente filo da torcere.
La mia breve esperienza lungo le coste della Namibia è stata sicuramente superiore ad ogni aspettativa. Chissà a passare un’intera settimana di pesca nella stagione giusta?
Passaggio in Zambia
Dopo aver pescato sulle coste namibiane ci siamo spostati nella parte meridionale dello Zambia per poter pescare i tigerfish del fiume Zambesi.
Dalla cittadina di Swakopmund, con un piccolo aereo ad elica, abbiamo raggiunto in circa 3 ore e mezza di volo la cittadina di Katima Mulilo, situata all’estremo nord est della Namibia. Dopo altre 3 ore in fuoristrada, in mezzo ad una affascinante savana africana, abbiamo raggiunto il Maziba Bay lodge. A movimentare il tutto hanno contribuito due forature proprio nel ben mezzo della savana.
Il lodge prescelto è immerso in una lussureggiante vegetazione sulle sponde dello Zambesi ed a poca distanza dalle splendide cascate di Ngonye. Il lodge è gestito da André e Janine, una coppia di giovani sudafricani che qui oltre a proporre la pesca al tigerfish, organizza visite alle cascate ed ai villaggi vicini e safari fotografici alla ricerca di elefanti, leoni, zebre, giraffe ed altri animali selvatici.
In questa zona il fiume Zambesi scorre per molti tratti abbastanza lentamente, ma è inframmezzato da numerose rapide. E’ quasi sempre incastonato in profonde gole e la larghezza del fiume è mediamente intorno ai 50-60 metri.
Durante la nostra visita il livello delle acque era circa 10 metri sotto il livello massimo che raggiunge durante la stagione delle piogge.
Personalmente mi aspettavo un fiume di acque torbide e limacciose, invece sono stato realmente sorpreso nel trovarlo molto chiaro e trasparente. A detta di André in alcuni mesi la visibilità delle acque del fiume può superare anche i dieci metri.
Sullo Zambesi comincia ad albeggiare verso le sei. Alle sei e mezza il sole pende sopra il fiume ed assomiglia ad un’enorme mela rossa tra le più rosse.
Alla stessa ora cominciano a muoversi le canoe degli indigeni il cui numero aumenta al progredire della giornata. Non va infatti dimenticato che lo Zambesi è la principale via di comunicazione, soprattutto nella parte del paese dove vi è una vasta piana alluvionale e dove non esistono strade.
Devo dire che la pesca ai tigerfish non è stata molto semplice. Già da una mia precedente esperienza avevo appreso di come sia difficile riuscire a ferrarne uno solidamente e a portare a compimento il combattimento.
Il tigerfish appena allamato, in un brevissimo spazio di tempo, compie una serie di salti e fughe impressionante e nella maggior parte dei casi riesce a slamarsi lasciando sconcertato ed avvilito qualsiasi pescatore. La difficoltà di una solida ferrata con le esche artificiali è dovuta allo strano comportamento di questo pesce nel momento in cui sferra l'attacco. Infatti il tigerfish tende ad attaccare le sue prede sempre dalla parte della testa, per tramortirle o addirittura tranciando di netto in due il malcapitato pesce per poi ingoiarlo con tutta calma. Di conseguenza molto spesso il tigerfish si ferra non per la bocca ma per il corpo e dopo pochi salti riesce di conseguenza a averla quasi sempre vinta riguadagnando la libertà.
Sicuramente pescando con l'esca viva la percentuale di pesci catturati sale vertiginosamente in quanto si ha tutto il tempo di far ingoiare l'esca e quindi effettuare una sicura ferrata.
Anche in Zambia le battute di pesca sono state caratterizzate dai numerosi pesci persi ed un giorno siamo riusciti ad agganciarne e regolarmente perderne dieci consecutivamente.
Al massimo abbiamo catturato pesci di tre chili e mezzo, con la maggior parte dei tigerfish intorno ai due chili e mezzo. Purtroppo non c’è stato l’incontro con pesci di maggior mole, forse dovuto anche al fatto che la stagione era agli inizi.
Ad ogni modo l’esperienza è stata molto gratificante poiché abbiamo pescato in luoghi molto remoti e suggestivi, e dove sicuramente nessun tigerfish aveva mai avuto prima l’occasione di addentare un Rapala.
Info e stagioni
La Namibia, ex colonia tedesca, è un paese arido ma con una gran varietà di caratteristiche geografiche: il deserto del Namib e le pianure costiere, l’altopiano centrale che degrada verso est, le sabbie del Kalahari al confine con il Botswana e Sud Africa, ed infine il Bushveld del Kavango e Caprivi, nella regione nord orientale. La Namibia ha appena 1 milione e 400 mila abitanti, sparsi in un territorio enorme in cui vaste aree sono disabitate e semi-inesplorate. Il Namib chiamato anche “deserto vivente”, si estende lungo tutta la costa atlantica ed è il deserto più antico del mondo, con una flora ed una fauna uniche al mondo, in particolare la Welvitschia Mirabilis, conifera preistorica che vive sino mille anni. Le dune a Soussuvlei raggiungono i 300 metri di altezza, sono le più alte del mondo ed hanno colori unici
La Namibia ha destinato circa il 13% del territorio a parco naturale ed attualmente esistono più di 20 tra riserve e parchi naturali. Sicuramente il più famoso è il parco dell’ Etosha, formato da praterie, savane e boscaglie spinose semi aride situate intorno al “pan”, una piana sabbiosa e salata dove si trovano alcune pozze d’acqua. Questo parco è meta di numerosi animali come: leoni, elefanti, gazzelle, impala e fenicotteri.
Per passare in Zambia occorre oltre al passaporto in corso di validità il visto di ingresso rilasciato dall’ambasciata od ottenibile all’arrivo nell’aeroporto di Lusaka. E’ raccomandata la profilassi anti malarica.
Qui il clima è sempre a carattere tropicale, ma abbastanza piacevole specialmente da maggio ad ottobre, quando vi è la stagione secca.
Per quanto riguarda le stagioni, sia in Namibia che in Zambia, sono totalmente opposte alle nostre poiché questo stato si trova nell’emisfero australe; la loro estate corrisponde al nostro inverno. Nella zona centrale del paese il clima è arido e ventoso durante l’estate australe (da novembre a marzo) le temperature diurne superano i 40 gradi ma di notte possono scendere sotto zero. Durante l’inverno australe l’escursione termica è meno marcata e mentre all’interno del paese le ore diurne possono essere miti con temperature prossime ai 20 gradi, lungo tutta la costa si hanno persistenti venti freddi e tempo prevalentemente perturbato. A nord nel Kavango e Caprivi il clima tende ad essere sub-tropicale e tra gennaio e aprile le piogge sono abbondanti.
Air Namibia e Lufthansa collegano Londra e Francoforte con la capitale della Namibia Windhoek. Come documenti è sufficiente il passaporto con almeno 6 mesi di validità.
Le lingue parlate in questo stato sono l’afrikaans, il tedesco e l’inglese.
Chiunque volesse effettuare una vacanza di pesca in Namibia o Zambia può contattare:
Taylor Made Holidays
http://www.tailormadeholidays.co.uk/